Itinerari a Montemassi - Terzo Itinerario: La vita quotidiana
About
La vita quotidiana del borgo ha lasciato testimonianze umili e concrete, pertinenti soprattutto alle epoche più recenti poiché, nel corso dell'Ottocento e del Novecento, Montemassi ha subito profonde trasformazioni.
Dopo la fioritura medievale dell'abitato, la popolazione di Montemassi venne afflitta da diverse crisi epidemiche, tanto che alla metà del Quattrocento si lamentava che "continuamente la state vi so' grandissime infirmitate di male aria et maremmane".
Sino alle soglie della rivoluzione industriale la scarsa popolazione rimase concentrata nel paese, dedicandosi al lavoro stagionale nei latifondi della pianura e all'allevamento brado di maiali, capre e bufali, mentre solo dal Settecento venne introdotta la mezzadria con la creazione di poderi nelle campagne. Un ulteriore e più profondo mutamento nella società locale si determinò con l'apertura delle miniere di carbone di Ribolla, a circa quattro chilometri da Montemassi. Verso la fine dell'Ottocento la scoperta dei giacimenti di lignite fu accompagnata dalla realizzazione di una ferrovia per il trasporto del carbone e si verificò soprattutto in periodo bellico un forte sviluppo delle attività estrattive. Montemassi si trasformò, così, in un centro prevalentemente operaio sino alla crisi delle miniere, avviata nel 1948 e precipitata nel 1954, quando Ribolla fu teatro di una gravissima sciagura mineraria, nella quale l'esplosione del grisou provocò la morte di 43 persone.
Da piazza della Madonna si risale sino ad un gruppo di case che costituivano l'antico limite settentrionale della cinta del borgo. Il primo edificio posto sulla sinistra presenta una curiosa terminazione semicircolare, determinata dalla presenza di una torre cilindrica inserita nella cinta difensiva. Al suo interno aveva sede un frantoio, che conserva i resti di antichi impianti molitori: si tratta di una delle tre "oliviere" presenti a Montemassi alla metà del XVII secolo, appartenenti rispettivamente al marchese Malaspina, al marchese Bichi ed al comune rurale.
Dall'antico frantoio si discende per le viuzze del paese sino a giungere ad una terrazza posta all'estremità meridionale del borgo: in un orizzonte che spazia sino al mare si può ammirare uno splendido panorama sulle campagne sottostanti, punteggiate da olivi e bordate da boschetti di sughere e di cerri.
La discesa prosegue attraverso le stradine recentemente pavimentate utilizzando la pietra vulcanica locale; si tratta di vie particolarmente anguste e scoscese, che colpirono anche l'immaginazione degli antichi visitatori, secondo i quali " le strade hanno piuttosto forma di tragetti, essendo corte e anguste". Si passeggia tra case costruite facendo largo uso dei materiali locali e, spesso, delle pietre squadrate provenienti dalle fortificazioni medievali.
Prendendo per uno dei vicoli giungiamo al forno per il pane, sormontato da un arco acuto ancora annerito dal fumo; risaliamo poi alla chiesa di S.Andrea, di fronte alla quale si apre la principale piazza del paese. Qui per la festività del santo si teneva una fiera, animata da "merci di tutti i generi ed affluenza considerabile di popolo dai vicini paesi". Durante il resto dell'anno la piazza costituiva il luogo d'incontro della comunità, i cui abitanti vi si radunavano anche per attingere acqua dalla sottostante cisterna pubblica. Lasciata la parrocchiale alle nostre spalle si giunge a piazza Salotto, dove recenti lavori hanno portato alla luce una cisterna minore, e si sale una piccola rampa, oltrepassando un arco realizzato in corrispondenza della cinta fortificata, per osservare a sinistra il grande palazzo dei marchesi Malaspina, feudatari di Montemassi. Nel 1632, infatti, il governo mediceo concesse il centro a Giovanni Cristofano Malaspina che stabilì la propria residenza nobiliare non sulla rocca, come i suoi predecessori, ma all'interno del tessuto urbanistico del borgo, presso l'estremità occidentale, in modo che il palazzo fosse accessibile sia dall'interno delle mura che dall'esterno.
Il percorso prosegue sino al punto di partenza per via del Capezzolo, attraverso la borgata sorta tra Ottocento e Novecento per ospitare i minatori di Ribolla.
Dopo la fioritura medievale dell'abitato, la popolazione di Montemassi venne afflitta da diverse crisi epidemiche, tanto che alla metà del Quattrocento si lamentava che "continuamente la state vi so' grandissime infirmitate di male aria et maremmane".
Sino alle soglie della rivoluzione industriale la scarsa popolazione rimase concentrata nel paese, dedicandosi al lavoro stagionale nei latifondi della pianura e all'allevamento brado di maiali, capre e bufali, mentre solo dal Settecento venne introdotta la mezzadria con la creazione di poderi nelle campagne. Un ulteriore e più profondo mutamento nella società locale si determinò con l'apertura delle miniere di carbone di Ribolla, a circa quattro chilometri da Montemassi. Verso la fine dell'Ottocento la scoperta dei giacimenti di lignite fu accompagnata dalla realizzazione di una ferrovia per il trasporto del carbone e si verificò soprattutto in periodo bellico un forte sviluppo delle attività estrattive. Montemassi si trasformò, così, in un centro prevalentemente operaio sino alla crisi delle miniere, avviata nel 1948 e precipitata nel 1954, quando Ribolla fu teatro di una gravissima sciagura mineraria, nella quale l'esplosione del grisou provocò la morte di 43 persone.
Da piazza della Madonna si risale sino ad un gruppo di case che costituivano l'antico limite settentrionale della cinta del borgo. Il primo edificio posto sulla sinistra presenta una curiosa terminazione semicircolare, determinata dalla presenza di una torre cilindrica inserita nella cinta difensiva. Al suo interno aveva sede un frantoio, che conserva i resti di antichi impianti molitori: si tratta di una delle tre "oliviere" presenti a Montemassi alla metà del XVII secolo, appartenenti rispettivamente al marchese Malaspina, al marchese Bichi ed al comune rurale.
Dall'antico frantoio si discende per le viuzze del paese sino a giungere ad una terrazza posta all'estremità meridionale del borgo: in un orizzonte che spazia sino al mare si può ammirare uno splendido panorama sulle campagne sottostanti, punteggiate da olivi e bordate da boschetti di sughere e di cerri.
La discesa prosegue attraverso le stradine recentemente pavimentate utilizzando la pietra vulcanica locale; si tratta di vie particolarmente anguste e scoscese, che colpirono anche l'immaginazione degli antichi visitatori, secondo i quali " le strade hanno piuttosto forma di tragetti, essendo corte e anguste". Si passeggia tra case costruite facendo largo uso dei materiali locali e, spesso, delle pietre squadrate provenienti dalle fortificazioni medievali.
Prendendo per uno dei vicoli giungiamo al forno per il pane, sormontato da un arco acuto ancora annerito dal fumo; risaliamo poi alla chiesa di S.Andrea, di fronte alla quale si apre la principale piazza del paese. Qui per la festività del santo si teneva una fiera, animata da "merci di tutti i generi ed affluenza considerabile di popolo dai vicini paesi". Durante il resto dell'anno la piazza costituiva il luogo d'incontro della comunità, i cui abitanti vi si radunavano anche per attingere acqua dalla sottostante cisterna pubblica. Lasciata la parrocchiale alle nostre spalle si giunge a piazza Salotto, dove recenti lavori hanno portato alla luce una cisterna minore, e si sale una piccola rampa, oltrepassando un arco realizzato in corrispondenza della cinta fortificata, per osservare a sinistra il grande palazzo dei marchesi Malaspina, feudatari di Montemassi. Nel 1632, infatti, il governo mediceo concesse il centro a Giovanni Cristofano Malaspina che stabilì la propria residenza nobiliare non sulla rocca, come i suoi predecessori, ma all'interno del tessuto urbanistico del borgo, presso l'estremità occidentale, in modo che il palazzo fosse accessibile sia dall'interno delle mura che dall'esterno.
Il percorso prosegue sino al punto di partenza per via del Capezzolo, attraverso la borgata sorta tra Ottocento e Novecento per ospitare i minatori di Ribolla.